Art. 25 Costituzione

Dispositivo

  1. Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge [ 101, 102, 103, 105, 107; c.p.c. 1-36; c.p.p. 1-16 ].
  2. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso [ prel. 11; c.p. 1, 2 ].
  3. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge [ 13 ].

Spiegazione dell’art. 25 costituzione

Il primo comma pone una premessa alla declaratoria di divieto di istituire giudici straordinari o speciali, di cui al secondo comma dell’art. 102. Ed esso fu appunto approvato dalla l. Sc. con l’intendimento di « vietare che si creino magistrature straordinarie », secondo la dichiarazione resa dall’on. Basso, relatore e proponente. In Assemblea Fon. Stefano Riccio, chiedendo la soppressione dell’aggettivo « naturale », provocò questo chiarimento dell’on. Tupini: « La Commissione è contraria e si propone di mantenere il concetto del giudice naturale appunto per dare al cittadino la certezza del giudice che lo deve giudicare».

Il secondo comma dell’art. 25 costituzione contiene in ciascuna delle sue parti due concetti distinti: nessuno può essere punito se non in forza di una legge penale (nullum crimen – nulla poena – sine lege); questa legge deve essere vigente in periodo anteriore a quello in cui il fatto fu commesso (principio della irretroattività della legge penale). Il primo di questi due principi ne contiene implicitamente un altro: nessuno può essere condannato e punito senza processo. L’articolo approvato dalla l. Sc. recava: « Nessuno può essere sottoposto a processo né punito»; il Comitato di redazione temette che la disgiuntiva né potesse far supporre una pena senza processo e, considerando acquisito e implicito il principio su enunciato, soppresse le parole « sottoposto a processo né ». Il secondo dei due principi pone che: il fatto commesso deve essere considerato reato da una legge preesistente (e in contemporaneo vigore) al fatto stesso; la pena deve essere quella stabilita dalla legge in vigore. Il primo di questi due ultimi assunti porta come conseguenza che se il fatto non è stato più considerato come reato da una legge posteriore non vi è più pena, e se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e gli effetti (limitatamente al campo penale); dal secondo deriva che se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo. Il progetto prevedeva una costituzionalizzazione di questi principi in ordine alla pena, con la seguente aggiunta all’attuale secondo comma: « e con la pena in essa prevista, salvo che la legge posteriore sia più favorevole al reo », di cui le parole « e con la pena in essa prevista » facevano parte del testo approvato dalla l. Sc , mentre le altre « salvo che la legge posteriore sia più favorevole al reo» erano state aggiunte dal Comitato di redazione nell’intento di considerare anche il caso che la legge posteriore stabilisca una pena più mite. Gli on. Giovanni Leone, Bettiol, Gesumino Mastino e altri proposero di sopprimere tutta quest’ultima parte, argomentando che la Costituzione non è sede opportuna per risolvere il problema della legge più favorevole, sia perché trattasi di un problema di dettaglio, sia perché il volerlo risolvere avrebbe impegnato l’Assemblea ad occuparsi di altri problemi, come quello della successione delle leggi penali eccezionali e temporanee, estranei all’economia della Carta costituzionale. L’emendamento fu accettato dalla Commissione, che aderì anche alla motivazione, e approvato dall’Assemblea. Ed effettivamente il problema delle leggi eccezionali e temporanee fu sollevato in Assemblea. L’on. Crispo si dichiarò favorevole alla consacrazione costituzionale del principio fissato dal penultimo capoverso dell’art. 2 del Codice penale, per cui le leggi eccezionali e temporanee prevalgono sempre sulla legge penale ordinaria, osservando che la legge temporanea, come ad esempio la legge di guerra, « punisce un fatto in base a determinate particolari condizioni eccezionali, sì che la legge successiva più favorevole non può trovare applicazione in rapporto al fatto previsto e punito con la legge precedente, intesa a provvedere a una situazione anormale della quale non tennero conto coloro che la legge violarono». L’on. Cifaldi, invece, si dichiarò contrario alla proposta dell’on. Crispo, rilevando che « la legge eccezionale, creata per un periodo così detto di emergenza e per una visione particolaristica di date circostanze, non può mantenere la sua forza quando si celebra il dibattimento in altro momento e in altre circostanze, e quando non vi è più quel rapporto tra la coscienza sociale e giuridica e il fatto che viene giudicato ». Tanto l’on. Crispo quanto l’on. Cifaldi non insistettero sulle loro posizioni allorché il presidente della l. Sc. , on. Tupini, dichiarò loro che l’accettazione dell’emendamento soppressivo Leone significava lasciare impregiudicata la questione, che sarebbe stata risoluta dalla legge. Pertanto, in sede di riforma del Codice penale, il legislatore potrà liberamente risolvere i problemi, in ordine alla pena, di cui al 2^, 3^ e 4^ comma dell’art. 2 del Codice penale, nello sviluppo dei principi, sanciti dal comma in esame, della tassatività e dell’irretroattività della legge penale. Circa il preciso significato della preesistenza della legge penale al fatto commesso, si registrano le seguenti dichiarazioni, che non incontrarono opposizione alcuna, dell’on. Giovanni Leone, rese per confutare una proposta (poi ritirata) dell’on. Nobile, tendente a sostituire le parole «che sia entrata in vigore prima del fatto commesso» con le altre «in vigore nel tempo in cui fu commesso il fatto »: « Quando si parla di fatto, nella scienza giuridica e nella legislazione è controversa la nozione. Per alcuni fatto è sia l’azione che l’evento, per altri e solo l’azione. Se noi diciamo che si può punire soltanto in forza di una legge che sia in vigore nel momento in cui si commette il fatto, questa formula potrebbe prestarsi a una applicazione pericolosa; cioè a far ritenere che basti, per punire un soggetto, che la legge sia andata in vigore prima dell’evento, anche dopo l’azione. Ora la norma deve preesistere all’azione, in quanto è nell’azione che si realizza il contrasto tra la volontà imputabile del delinquente e la volontà della legge. Per questo profilo tecnico e perché non vi sia equivoco, vogliamo che si stabilisca in maniera precisa che la norma di legge penale deve preesistere non solo ali evento ma anche ali azione. Onde è necessario scrivere in vigore prima del fatto ».

Il terzo comma dell’art. 25 costituzione è dovuto a un emendamento aggiuntivo degli onorevoli Bettiol e Giovanni Leone, che la Commissione accettò aderendo anche alla motivazione datane dall’on. Bettiol, il quale ricordò come la legislazione penale moderna marci su un doppio binario: da un lato le pene che postulano la colpevolezza e hanno carattere repressivo; dall’altro le misure di sicurezza; per cui accanto al criterio della repressione del delitto si accetta anche quello della prevenzione, basato sul presupposto della pericolosità del delinquente; non si tratta di misure di polizia: si tratta di misure preventive di sicurezza, che devono essere applicate, a norma del Codice penale, nei confronti di individui imputati o imputabili in occasione della perpetrazione di un reato, per le quali tuttavia, dato il loro incidere sulla libertà personale, è bene fissare il principio di legalità, onde la discrezionalità sia bloccata, in modo che anche per le misure di sicurezza si possa avere il presidio della legge scritta sull’arbitrio del giudice o delle altre autorità statali che possano privare il cittadino della libertà individuale ».

Giurisprudenza sull’art. 25 costituzione

In tema di mandato di arresto europeo, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 d.lg. 2 febbraio 2021, n. 10, per violazione degli artt. 3 e 25 Costituzione e 7 Cedu, nella parte in cui non consente la prosecuzione del procedimento con l’applicazione della normativa anteriormente vigente, nei casi in cui sia già stato emesso il mandato di arresto alla data di entrata in vigore della novella, in quanto la scelta di applicare la nuova disciplina ai m.a.e. ricevuti dalla Corte di appello dal 21 febbraio 2021, ovvero a quelli per i quali l’arresto è avvenuto a partire da tale data, non contrasta né con il parametro della ragionevolezza, né con il principio di legalità.

Cassazione penale sez. VI, 14/04/2021, n.14220

Dottrina

Ad avviso della Corte, in ogni caso, una volta stabilita la non fondatezza delle censure direttamente riferite ai principi di uguaglianza e ragionevolezza, non v’è ragione per non estendere la medesima conclusione anche alle questioni sollevate in riferimento ai parametri di cui agli artt. 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost.A questa conclusione, la Corte ha fatto poi seguire alcune interessanti e puntuali considerazioni in ordine al rapporto tra il principio di proporzionalità e l’art. 628, secondo comma, c.p., sulle quali è utile soffermarsi con una certa attenzione: anzitutto, è evidenziata la circostanza per cui le recenti modifiche legislative che hanno inciso sui valori edittali della rapina impropria — e che, nelle parole della Corte, “hanno originato le censure qui in esame” — costituiscono un coerente tassello di un più ampio mosaico nel cui contesto hanno preso corpo severe strategie di contrasto alle aggressioni patrimoniali contraddistinte da violenza o minaccia.Su questa fondamentale premessa, per la Corte, nell’art. 628, secondo comma, c.p. difetta quel connotato di anomalia che avrebbe potuto rappresentare il sintomo di una irragionevolezza intrinseca della previsione punitiva. E tuttavia, i Giudici costituzionali hanno rilevato, da ultimo e in modo esplicito, come la pressione punitiva attualmente esercitata con riguardo ai delitti contro il patrimonio “è ormai diventata estremamente rilevante”, richiedendo, per questa ragione, attenta considerazione da parte del legislatore, alla luce di una valutazione, complessiva e comparativa, di tutti i beni giuridici tutelati dal diritto penale in questo ambito e del livello di protezione loro assicurato.

Stefano Bissaro