Imputazione dell’attività d’impresa.
Individuata l’attività e radunato il capitale necessario, affinché l’imprenditore possa svolgere attività d’impresa, oltre alla redazione di un atto costitutivo (che ricordiamo essere l’atto con cui si dà vita alla persona giuridica), deve imputare a se stesso o a qualcun altro gli effetti degli atti che compie. A tal fine, l’imprenditore deve:
- Possedere la capacità di iniziare l’attività;
- seguire il criterio della c.d. spendita del nome.
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La capacità di svolgere attività d’impresa.
L’imprenditore deve possedere la capacità giuridica. Con essa si intende la capacità di una persona di essere soggetto di diritti e obblighi. Questa specificazione è resa necessaria dal fatto che nel nostro ordinamento esistono delle categorie di soggetti che, per cause legali e non, non possono compiere attività d’impresa. In esse troviamo:
- i soggetti legalmente incapaci ( minori o interdetti );
- oppure con capacità soggetta a limitazioni ( inabilitati e minori emancipati ).
È vero, al minore emancipato è vietato di iniziare una nuova attività ma non di continuare un’impresa preesistente. Infatti è possibile che il tribunale, sulla base dell’utilità per il minore, conceda un’autorizzazione dalla portata generale. A sua volta, la portata generale dell’autorizzazione attribuisce al minore ( o al genitore o al tutore ) piena capacità di agire autonomamente, anche per atti estranei all’attività.
La spedita del nome.
La spendita del nome è un criterio che in genere si applica ai rapporti tra privati, in base al quale l’atto è da imputare al soggetto in nome del quale è stato compiuto. Ovviamente l’agente ( o meglio, il rappresentante ) deve avere il potere di compiere atti in nome del rappresentato, pena l’illegittimità. Questo potere trova la sua fonte:
- nella legge;
- nel conferimento da parte dello stesso rappresentato (ciò avviene tramite un atto detto procura);
- da un particolare rapporto tra rappresentato e rappresentante.
Riprendendo l’ultima fonte, si pensi al caso in cui il genitore svolga l’attività d’impresa spendendo il nome del proprio figlio minorenne. Nonostante sia il genitore a svolgere concretamente l’attività, in base al criterio della spendita del nome sarà il figlio ad assumere la qualità di “imprenditore”. La necessità è quindi quella di ricondurre gli effetti di un atto ad un soggetto individuabile e responsabile. Tutto ciò per non far passare inosservato la figura dell’imprenditore di fatto, che da dietro le quinte dirige realmente l’attività. Tuttavia la giurisprudenza in tema non è del tutto uniforme, quindi se vuoi rimanere aggiornato o vuoi approfondire temi differenti prova a consultare le categorie presenti sul portale giuridico, oppure visita le pagine Facebook e LinkedIn per ricevere aggiornamenti giornalieri!
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