Lavoratore dipendente: tutela ai tempi del Covid-19.
La pandemia da Coronavirus sta stravolgendo la vita di tutti sotto ogni aspetto. Rinunciamo a vedere i nostri cari per impedire il più possibile che il virus si diffonda. Numerosi sono gli interventi che il Governo Conte pone in essere ogni giorno. Tra i tanti, rilevano quelli diretti a tutelare il lavoratori dipendente (o subordinato).
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Lavoratore dipendente: nozione.
Pur non essendo molto chiara la nozione normativa di lavoratore subordinato, si è d’accordo nel definire i lavoratori subordinati come “coloro che si impegnano, per effetto di un contratto e in cambio di una retribuzione, a prestare il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione di un soggetto detto “datore di lavoro”. Il datore di lavoro deve fornire le materie prime e gli strumenti necessari allo svolgimento della prestazione contrattuale. Ad esempio, assumendo una segretaria, il datore di lavoro deve fornire questa di una postazione di lavoro e degli strumenti per svolgerlo.
Coronavirus e interventi del governo Conte.
Seppure l’esigenza lavorativa sia un’eccezione ai limiti alla circolazione imposti, chiunque esca di casa è un soggetto a rischio di contagio ed in più rischia di contagiare colleghi, amici e familiari. Uscire di casa è al momento un’azione pericolosa per se stessi e gli altri. Per far fronte a questa situazione il governo Conte tutela i lavoratori promuovendo il lavoro agile (altrimenti detto smart working) e incoraggiando i datori di lavoro ad attuare questa modalità di esecuzione della prestazione contrattuale.
Lavoro agile e coronavirus.
Lo smart working è stato introdotto nel nostro ordinamento con la l. 81 del 2017 ed è qui che si trova la sua definizione: si tratta di “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti […] senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro”. Risulta chiaro, quindi, che non si tratta di una prestazione lavorativa disciplinata da un contratto nuovo e diverso dal contratto di lavoro subordinato. Esso non è altro che una particolare modalità di esecuzione della prestazione, che inoltre permette di risparmiare dal punto di vista dell’infrastruttura. A rimarcarne l’importanza interviene il d.l. n.9 del 23 febbraio 2020 che dichiaratamente persegue lo scopo di agevolare il lavoro agile “quale ulteriore misura per contrastare e contenere l’imprevedibile emergenza epidemiologica”. Non finisce qui, bisogna considerare il D.P.C.M. 8 marzo 2020 al cui art. 2, lettera r), che prevede due semplificazioni:
- La prima consiste nell’applicabilità anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti;
- La seconda consiste nella possibilità di adempiere agli obblighi di informativa sui rischi generali e specifici connessi a questa particolare modalità lavorativa “in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Inail.
La disciplina di cui parliamo è applicabile per tutta la durata dello stato d’emergenza, ossia fino al 31 luglio 2020.
Tutela del lavoratore dipendente.
È necessario, a questo punto, fare due osservazioni:
- Anche in situazioni diverse dalla pandemia che stiamo vivendo, sul datore di lavoro grava l’obbligo di salvaguardare nel migliore dei modi la salute del dipendente;
- Il lavoro agile viene normativamente quasi imposto con riferimento al periodo d’emergenza, il legislatore parla infatti di “massimo utilizzo”
Da quanto appena detto si perviene a quello che è il quadro della situazione del lavoratore dipendente:
- è titolare di un diritto soggettivo ex art. 2087 c.c., di conseguenza può far valere misure volte a rimediare ad eventuali inadempimenti datoriali sul piano della sicurezza del lavoro;
- è titolare di un diritto soggettivo perfetto che gli consente di pretendere l’attribuzione del lavoro agile.
Alla fine dei conti, laddove un datore di lavoro non consenta ad attuare il lavoro agile quando in realtà sarebbe possibile, si è concordi nell’applicare l’orientamento giurisprudenziale formatosi nelle ipotesi di violazione dell’art. 2087 c.c., che va ad integrare una causa di responsabilità per inadempimento di un’obbligazione.
Non finisce qui, lo scenario è in continua evoluzione. si pensi alle misure del governo per le imprese e i professionisti, al fondo centrale di garanzia e all’attuale quadro delle moratorie delle banche e del governo.
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