Obiezione di coscienza: tutela dei valori etici e religiosi.
L’obiezione di coscienza è un istituto giuridico che permette al professionista di non ottemperare ad obblighi contrari ai suoi valori etici, morali o religiosi. Colui che vi ricorre si chiama obiettore di coscienza.
Alle sue origini essa consisteva in un divieto, da parte della Chiesa nei confronti dei battezzati, di prestare servizio militare e nella possibilità, per chi era arruolato, di rimanere nelle forze militari alla sola condizione di non uccidere nessuno. La legislazione italiana contemplò tale scelta all’inizio con la legge 772/1972 ( esonerando dal servizio militare, seppur con limitazioni stringenti ), poi con la legge sull’aborto ( l.194/1978 ), per poi arrivare alla legge 230/1998 che porta al pieno riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza come diritto della persona.
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Obiezione di coscienza e interruzione della gravidanza.
Viene riconosciuta quindi la possibilità di astenersi dal compiere attività contrarie ai propri valori. Per fare degli esempi, si può ricorrere a tale beneficio quando si tratta di sperimentazione animale o di interruzione della gravidanza.
A proposito di quest’ultima, la legge 194/1978 ( legge sull’aborto ) parla dell’obiezione di coscienza all’art. 9, ai sensi del quale il medico può astenersi sollevando l’obiezione di coscienza, purché questa venga dichiarata preventivamente al medico provinciale. Fatto ciò il medico è libero di non prendere parte alle procedure preliminari ed esecutive dell’interruzione della gravidanza poichè ad essa provvederà il Servizio Sanitario Nazionale mobilitando il personale disposto a procedere.
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Tuttavia, per ragioni più che evidenti, il medico non è esonerato dal prestare l’assistenza antecedente e conseguente al parto. Il contrario arrecherebbe un danno ingiustificato alla paziente. Inoltre, non si può ricorrere all’obiezione di coscienza se l’intervento risulta indispensabile per prevenire un imminente pericolo alla vita della donna.