Paziente inguaribile: responsabilità medica e umana solidarietà.

Quando il paziente si trova in uno stato vegetativo permanente la tutela del suo diritto alla vita deve essere più incisiva, considerate anche le condizioni in cui versa. Con la sentenza 24189/2018, la Corte di Cassazione tiene a ribadire, in tema di responsabilità medica, che il paziente rimane “una persona in senso pieno e i suoi diritti fondamentali vanno rispettati e tutelati”. Quello della Suprema Corte è un richiamo al Codice di Deontologia Medica.

Il Codice di Deontologia Medica.

Esso è l’insieme di regole e principi riguardanti i doveri del medico nei rapporti con le autorità , con i cittadini e con i colleghi. Parliamo non di norme giuridiche ( dal carattere obbligatorio ), ma di norme di condotta ( che non essendo obbligatorie, assumono il ruolo di parametro di valutazione della condotta ) capaci comunque di valutare la responsabilità medica.

All’art. 20 leggiamo che il medico deve garantire la continuità delle cure anche quando il soggetto è inguaribile. Questo significa che l’attività sanitaria deve essere indirizzata alla cura del paziente, ma in alcuni casi può soltanto, e deve, lenire la sofferenza fisica e psichica del paziente. Qui si collega l’art. 3, ai sensi del quale: “dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana”. Si comprende l’affermazione, contenuta nella sentenza, secondo la quale il Servizio Sanitario Nazionale ( SSN ) deve fornire al paziente le cure necessarie e sostegno solidale, fino al raggiungimento della morte. Lo stesso principio è rinvenibile nell’ipotesi di responsabilità medica detta danno da perdita di chance.

Rapporto di solidarietà umana.

La Suprema Corte riporta alla luce alcuni dei valori  che stanno alla base del Codice di Deontologia Medica e dell’attività del professionista sanitario. Uno dei più significativi si ricava dal già citato art. 20. Il dovere di assicurare la continuità delle cure al solo fine di mitigare la sofferenza permette di inquadrare il rapporto medico-paziente in un’ottica più umana. Esso deve essere considerato non solo da un punto di vista di efficienza tecnicistica, ma anche, e soprattutto, di umana solidarietà.

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